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Consenso informato, DAT e pianificazione delle cure, ma di eutanasia attiva ancora non c’è traccia
Eluana Englaro, Fabiano Antoniani, Davide Trentini. Sono solo alcuni dei casi più tristemente noti di persone che, pur avendo affrontato anni travagliati in condizioni disperate, si sono trovate abbandonate a sé stesse, in balia di un vuoto legislativo che il Parlamento si è a lungo rifiutato di colmare. Non solo: nel 2009, a seguito delle crescenti pressioni dell’opinione pubblica, all’incirca settanta Comuni si organizzarono autonomamente per raccogliere le volontà sul fine vita dei loro cittadini, in caso di un’eventuale futura perdita di cognizione. In quell’occasione, gli allora Ministri Sacconi, Fazio e Maroni giunsero addirittura a reprimere queste iniziative, tacciando gli enti locali di aver tentato di sostituirsi al legislatore in materie che non erano di loro competenza.
Eluana Englaro, Fabiano Antoniani, Davide Trentini. Sono solo alcuni dei casi più tristemente noti di persone che, pur avendo affrontato anni travagliati in condizioni disperate, si sono trovate abbandonate a sé stesse, in balia di un vuoto legislativo che il Parlamento si è a lungo rifiutato di colmare. Non solo: nel 2009, a seguito delle crescenti pressioni dell’opinione pubblica, all’incirca settanta Comuni si organizzarono autonomamente per raccogliere le volontà sul fine vita dei loro cittadini, in caso di un’eventuale futura perdita di cognizione. In quell’occasione, gli allora Ministri Sacconi, Fazio e Maroni giunsero addirittura a reprimere queste iniziative, tacciando gli enti locali di aver tentato di sostituirsi al legislatore in materie che non erano di loro competenza.
Finalmente però, agli inizi di marzo, dopo ben quattro anni di elaborazione, la XII Commissione Affari Sociali ha trasmesso alla Camera un progetto di legge in materia di “consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento”: dopo un acceso dibattito assembleare, e nonostante le critiche giunte dagli scranni dei deputati di Fratelli D’Italia, Alternativa Popolare e Lega Nord, il disegno di legge è stato approvato. Il testo, ispirato ai principi costituzionali dell’inviolabilità della libertà personale, della dignità umana ed ai diritti riconosciuti dalla Carta di Nizza, si articola in sei punti. Ma cosa prevede nello specifico?
I nuclei tematici principali sono tre: il consenso informato, le disposizioni anticipate di trattamento (DAT) e la pianificazione condivisa delle cure. Il primo articolo disciplina gli obblighi informativi del medico ed il diritto, per il paziente, di accettare o rifiutare i trattamenti sanitari che gli vengono proposti, in linea con il principio consensualistico, già recepito nella prassi dei Tribunali; risultano però controversi gli ultimi due commi dell’articolo, nei quali, con un rinvio alla “deontologia professionale”, si attribuisce in sostanza al medico la facoltà di disattendere il volere del paziente, dichiarandosi obiettore di coscienza. Il terzo articolo introduce nell’ordinamento le disposizioni anticipate di trattamento, mediante le quali sarà possibile esprimere le proprie volontà rispetto a determinati trattamenti, in previsione di una futura perdita di cognizione, e nominare un fiduciario che si occupi per proprio conto di intrattenere relazioni con la struttura sanitaria e con il medico curante. Infine, il quarto articolo introduce la possibilità, “nei casi di malattia degenerativa con prognosi infausta”, di formulare una pianificazione condivisa delle cure, che il medico sarà tenuto ad osservare anche in caso di una successiva perdita di cognizione.
Per queste ragioni, benché debba ancora essere vagliato dal Senato, allo stato attuale il progetto di legge mira ad introdurre una disciplina di stampo liberale e fortemente permissivo. E’ però innegabile che, in certi aspetti, la normativa risulti ambigua, forse per la necessità di conciliare posizioni di fazioni politiche molto distanti tra loro. D’altronde, anche la Commissione Nazionale di Bioetica ha invitato il legislatore a contemperare il principio del rispetto della volontà del degente con l’opposto principio dell’obiezione di coscienza. E, mentre sul versante del biotestamento sembra quindi che il Parlamento abbia deciso di rompere gli indugi, non si può nascondere l’incomprensibile chiusura del dibattito parlamentare rispetto a tematiche divenute ormai cruciali, come l’eutanasia attiva ed il suicidio assistito.
In definitiva, se da una parte il disegno di legge va accolto come un primo passo nella giusta direzione, non bisogna perdere di vista la molta strada che resta da percorrere, per garantire finalmente le dovute tutele ad alcuni dei soggetti più vulnerabili nella nostra società.
Pietro Orlandi
Finalmente però, agli inizi di marzo, dopo ben quattro anni di elaborazione, la XII Commissione Affari Sociali ha trasmesso alla Camera un progetto di legge in materia di “consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento”: dopo un acceso dibattito assembleare, e nonostante le critiche giunte dagli scranni dei deputati di Fratelli D’Italia, Alternativa Popolare e Lega Nord, il disegno di legge è stato approvato. Il testo, ispirato ai principi costituzionali dell’inviolabilità della libertà personale, della dignità umana ed ai diritti riconosciuti dalla Carta di Nizza, si articola in sei punti. Ma cosa prevede nello specifico?
I nuclei tematici principali sono tre: il consenso informato, le disposizioni anticipate di trattamento (DAT) e la pianificazione condivisa delle cure. Il primo articolo disciplina gli obblighi informativi del medico ed il diritto, per il paziente, di accettare o rifiutare i trattamenti sanitari che gli vengono proposti, in linea con il principio consensualistico, già recepito nella prassi dei Tribunali; risultano però controversi gli ultimi due commi dell’articolo, nei quali, con un rinvio alla “deontologia professionale”, si attribuisce in sostanza al medico la facoltà di disattendere il volere del paziente, dichiarandosi obiettore di coscienza. Il terzo articolo introduce nell’ordinamento le disposizioni anticipate di trattamento, mediante le quali sarà possibile esprimere le proprie volontà rispetto a determinati trattamenti, in previsione di una futura perdita di cognizione, e nominare un fiduciario che si occupi per proprio conto di intrattenere relazioni con la struttura sanitaria e con il medico curante. Infine, il quarto articolo introduce la possibilità, “nei casi di malattia degenerativa con prognosi infausta”, di formulare una pianificazione condivisa delle cure, che il medico sarà tenuto ad osservare anche in caso di una successiva perdita di cognizione.
Per queste ragioni, benché debba ancora essere vagliato dal Senato, allo stato attuale il progetto di legge mira ad introdurre una disciplina di stampo liberale e fortemente permissivo. E’ però innegabile che, in certi aspetti, la normativa risulti ambigua, forse per la necessità di conciliare posizioni di fazioni politiche molto distanti tra loro. D’altronde, anche la Commissione Nazionale di Bioetica ha invitato il legislatore a contemperare il principio del rispetto della volontà del degente con l’opposto principio dell’obiezione di coscienza. E, mentre sul versante del biotestamento sembra quindi che il Parlamento abbia deciso di rompere gli indugi, non si può nascondere l’incomprensibile chiusura del dibattito parlamentare rispetto a tematiche divenute ormai cruciali, come l’eutanasia attiva ed il suicidio assistito.
In definitiva, se da una parte il disegno di legge va accolto come un primo passo nella giusta direzione, non bisogna perdere di vista la molta strada che resta da percorrere, per garantire finalmente le dovute tutele ad alcuni dei soggetti più vulnerabili nella nostra società.
                                                                                                                    Pietro Orlandi
Redazione GD

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