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di Jacopo Centofanti

Il 21 luglio si è chiusa una delle sedute di negoziato più lunghe nella storia dell’Unione Europea legata al pacchetto di aiuti contro l’emergenza COVID-19. Distacchiamoci dalla cronaca di questi giorni e ripercorriamo i momenti salienti di un accordo definito contemporaneamente “accordo storico” e “nuovo inizio” da alcuni e “una resa senza condizioni”.

In breve

La trattativa degli ultimi giorni è legata alla definizione del bilancio comunitario dell’Unione Europea (Multiannual Financial Framework, o FMM) che viene stabilito per il periodo dal 2021 al 2027. La prima bozza del bilancio è circolata nel 2018 su proposta della Commissione Junker, a febbraio 2020 è iniziata la discussione nell’ottica dell’emergenza Coronavirus e in questi giorni è stato approvato il bilancio definitivo da parte dei Governi degli stati membri riuniti nel Consiglio dell’Unione Europea.

A questo delicato passaggio, fondamentale per definire le spese e gli ammontari dei programmi Europei, si è aggiunta la necessità di discutere il pacchetto di interventi contro la paralisi economica di questi ultimi mesi. Il risultato del dibattito è un documento approvato all’unanimità dai capi di Governo degli Stati Membri che prevede:

  • La creazione del programma Next Generation EU, un intervento da € 750 miliardi che andrà a finanziare il fondo di recupero (Recovery Fund) ma anche programmi per la risposta ai disastri, per l’innovazione, per lo stimolo agli investimenti, lo sviluppo rurale, la transizione verso un’economia verde e gli aiuti umanitari.

  • Un bilancio comunitario da €1.074 miliardi

 

Il ruolo di Orban

Orban ha avuto un ruolo importante nella trattativa dell’ultima settimana e i giornali ne hanno preso nota, sfruttando la notorietà del Primo Ministro Ungherese nei loro articoli. Il capo di governo Ungherese ha infatti difeso la posizione del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, schierandosi a fianco dell’Italia nella lunga trattativa svoltasi a Bruxelles e attaccando personalmente il premier Rutte e la delegazione Olandese. La cosa ha attirato l’attenzione dei giornali, vista la vicinanza tra Orban e il capo del principale partito d’opposizione in Italia Matteo Salvini.

Orban ha avuto un ruolo importante in questo Consiglio Europeo, in cui ha fatto fronte con la Polonia sfruttato questo Consiglio Europeo per difendere le sue posizioni filo-dittatoriali. Uno dei temi che ha fatto discutere i capi di Governo negli ultimi giorni è stata la richiesta da parte dell’Olanda di introdurre una clausola sul rispetto dello Stato di Diritto come condizione necessaria per accedere alle risorse del Recovery Fund. Una condizione del genere avrebbe creato problemi all’Ungheria e la Polonia, entrambe sotto lo scrutinio delle autorità Europee per evidenti problemi nel rispetto dello Stato di Diritto. Secondo il Parlamento Europeo, la situazione sotto questo profilo nei due Paesi è “deteriorata” ed è stato attivato l’Articolo 7 del Trattato UE per garantire “il rispetto per la democrazia, l’uguaglianza, lo Stato di diritto e i diritti umani”.

L’Ungheria ha potuto dare battaglia perché le delibere del Consiglio UE devono essere approvate all’unanimità, come tutela verso i paesi più piccoli e le posizioni di minoranza. In questo caso il veto è stato determinante: la clausola non è presente nell’accordo raggiunto dal Consiglio e che verrà votato dal Parlamento Europeo.

Perché si è parlato dell’Olanda

L’Olanda è stata al centro del dibattito degli ultimi giorni per la resistenza contro la proposta iniziale sul programma Next Generation EU, che prevedeva €500 miliardi a fondo perduto e €250 miliardi di prestiti. Il primo ministro Mark Rutte ha coperto il ruolo di capo de facto della coalizione di Paesi frugali, proponendo misure che tutelassero i paesi che andranno a contribuire più soldi.

Tra le altre cose, era stato richiesto che i programmi nazionali di spesa fossero revisionati dal Consiglio dell’UE, dando così potere di veto sui programmi di spesa ai singoli Stati Membri. Il voto del Consiglio infatti avviene all’unanimità e l’avversione di un Paese avrebbe potuto bloccare il programma di intervento Comunitario.

Ci sono svariati motivi dietro l’avversione dell’Olanda tra cui l’instabilità del sistema politico Olandese (Rutte ha perso la maggioranza in Senato a marzo 2019), la campagna anti-Europa dei Sovranisti di Geert Wilders che rischiano di sconfiggere il premier alle elezioni del 2021 e la minore influenza dei paesi del Nord dopo la Brexit, principale alleato delle istanze frugali in Europa. Per il capo di Governo Olandese il Consiglio Europeo degli ultimi giorni è stata l’occasione per affermare la sua leadership e contenere i sovranisti, cercando maggiori rassicurazioni sulla destinazione dei fondi Comunitari e stabilire una posizione di forza in un contesto Europeo che a vista di Paesi come Svezia, Austria, Olanda e Finlandia rischia di schiacciare gli stati più piccoli.

Next Generation EU

Il piano Next Generation EU è un piano comunitario per contrastare il dissesto economico causato dal COVID-19. Negli anni l’Unione Europea ha fatto ricorso in più occasioni ai soldi degli Stati Membri per stimolare la crescita comunitaria e portare avanti interventi strutturali: tra i vari programmi possiamo pensare ai programmi di €3 mld contro l’abbandono scolastico (PON Istruzione) e le garanzie per le infrastrutture Europee (Piano Juncker) che hanno mobilizzato circa €335 miliardi di investimenti.

Next Generation EU punta a usare il potere economico dell’Unione Europea per finanziare le misure degli Stati Membri contro la crisi economica, emettendo Titoli di Stato a tassi agevolati grazie alla maggiore solidità finanziaria dell’UE rispetto a quella dei singoli Stati. In poche parole, la Commissione Europea sta prendendo un prestito a basso costo da distribuire agli Stati Membri. Il piano ha creato frizioni tra i singoli Stati e l’Unione Europea: gli stessi Stati che costituiscono il gruppo dei paesi frugali (Olanda, Svezia, Finlandia, Austria) sono già in grado di ottenere prestiti a tasso agevolato grazie alla loro stabilità economica. Partecipare a un programma comunitario di finanziamento è visto come un regalo verso paesi più svantaggiati come l’Italia, che agli occhi dei frugali ha fatto poco per migliorare la propria situazione.

Questo piano ambizioso ha richiesto un grande sforzo di moderazione ed è la prima volta che si è raggiunto un accordo di queste dimensioni per l’emissione di titoli di debito comunitari. La mossa è vista come un ulteriore passo verso l’unificazione Europea e la creazione di un bilancio condiviso tra gli Stati Membri, ed è per questo invisa ai Paesi più piccoli e meno allineati a un progetto di totale integrazione Europea come l’Olanda.

Le spese degli Stati per il programma Next Generation EU dovranno essere revisionate dalla Commissione Europea e devono essere rivolte alla lotta contro il COVID-19. Un’importante novità riguarda la lotta al cambiamento climatico: il documento prevede che la sostenibilità e la transizione verso un’economia verde siano al centro di ogni politica Comunitaria e si impone che il 30% della spesa totale sia rivolta all’emergenza climatica.

A breve il programma verrà discusso e votato in Parlamento Europeo e la palla passerà ai Governi nazionali. L’approvazione del programma è stata accolta dalla maggioranza delle forze politiche compresi alcuni membri dell’Opposizione, in vista dell’enorme potenziale dato dal tesoretto in arrivo. L’Italia ha ottenuto €208 miliardi, di cui €81 miliardi a fondo perduto e altri 127 in forma di prestiti, e le forze politiche hanno iniziato una serrata discussione sulle riforme da portare avanti. La necessità per tutti è di dare una svolta a un Paese indebolito da 10 anni di crisi e bisognoso di forti interventi strutturali.

Aspettiamo di scoprire quale sarà la strada da percorrere.

 

Redazione GD

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La Redazione è lo spazio di approfondimento e confronto pubblico dei Giovani Democratici di Milano Metropolitana!

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