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di Roberto Gaziano

Cosa sono i diritti civili?

Il movimento femminista dalla sua nascita ad oggi ha dovuto cambiare ed evolvere, sia nelle rivendicazioni sia nelle modalità di lotta. In questa sede voglio evidenziare i traguardi che il movimento femminista ha raggiunto, quelli che cerca di raggiungere e, soprattutto, spiegare qual è l’arma più forte che usano oggi le femministe. Cominciamo con il chiarire una questione fondamentale: cosa sono i diritti civili? 

 

La definizione enciclopedica di “diritti civili” è: “sono i diritti riconosciuti dall’ordinamento giuridico come fondamentali, inviolabili e irrinunciabili, i quali assicurano all’individuo la possibilità di realizzare pienamente sé stesso”. Dunque, a un primo sguardo, è effettivamente vero che le battaglie portate avanti dalle femministe rientrano in questa definizione. Credo che nessuno di noi possa negare che oggi le nostre compagne (e compagni solidali con loro) lottino “per assicurare alle donne la possibilità di realizzare pienamente sé stesse”. Ma bisogna evidenziare un elemento, a prima vista trascurabile, di questa definizione: “assicurano all’individuo la possibilità di realizzare pienamente se stesso”. In questa “possibilità” risiede la differenza tra i diritti civili e tutti gli altri. Per evidenziare meglio quello che sto cercando di dire, credo sia utile prendere come esempio l’articolo terzo della nostra costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge […]. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini […]” Il primo comma dell’articolo evidenzia come ogni cittadino sia eguale davanti allo Stato. Ma questa uguaglianza de iure non è sufficiente, in quanto essa può essere limitata da condizioni materiali. È dunque necessario, affinché si realizzi de facto, che essa sia supportata dalle necessarie misure economico-sociali. Qui sta dunque tutta la differenza, i diritti civili danno la possibilità di realizzare i propri bisogni, ma non assicurano il loro raggiungimento e pieno compimento. Le conquiste “classiche” più puramente liberali del movimento femminista (suffragette, sesso libero ecc.) rientrano a pieno nella definizione enciclopedica: “assicurano la possibilità” di accedere all’emancipazione. Ma nell’evolversi storico delle dinamiche sociali, la semplice “possibilità” si è mostrata insufficiente. Non ci si può più accontentare di poter raggiungere la parità, bisogna pretenderla. Diceva Karl Marx, nel testo sulla questione ebraica: “L’emancipazione politica è certamente un passo in avanti, non è bensì la forma ultima dell’emancipazione umana in generale”. 

 

Nuove battaglie

Quali sono le nuove battaglie che oggi vengono portate avanti? Sono quelle battaglie che prendono quella “possibilità” conquistata nelle lotte passate, e cercano di elevarla al rango di “certezza”. Parità salariale, congedo parentale paritario, “quote rosa” (o altre alternative), riconoscimento sociale, abolizione del patriarcato sono solo alcune delle rivendicazioni che tutt’oggi vengono portate avanti, che derivando direttamente dalle conquiste passate (rispettivamente: possibilità di lavorare, congedo di maternità, suffragio universale, ecc.) e che cercano di renderle assolute per tutte, superando “gli ostacoli di ordine economico e sociale” al loro realizzamento. Le femministe non combattono più  solo per i diritti civili, combattono per la giustizia sociale. Questo spostamento di campo porta con sé nuove esigenze su come continuare la lotta, come evidenzia la parte più progessista del movimento che ha trovato una nuova prassi che si adatta al contesto e alle rivendicazioni odierne.

Si è passati alla prassi Radicale (con la “R” maiuscola) dell’intersezionalità: differentemente dal passato, le nuove istanze non coinvolgono più direttamente solo un singolo “gruppo”, ma sono, per loro stessa natura, battaglie che devono essere portate avanti (e condivise) in maniera sociale e solidale da più gruppi, cioè dall’intera “categoria” dei lavoratori. Questo nuovo modo di lotta è Radicale, più che in passato, per la stessa natura dell’antagonismo che muta e cambia intensità; infatti, come evidenzia giustamente Slavoj Zizek: “Nel caso degli antagonismo legati ai sessi e alle identità sessuali, la lotta d’emancipazione non mira ad annientare determinate identità ma a creare le condizioni per una coesistenza non antagonista, […] l’obiettivo è favorire la convivenza pacifica, il rispetto e il riconoscimento reciproci” (Heaven in Disorder, cap 39). Mentre nel caso dell’antagonismo “sociale”, per parafrasare sempre Zizek, non funziona in questo modo, esso è un antagonismo puro.

L’obiettivo di quanti sono oppressi e sfruttati è la vittoria totale: l’emancipazione reale dell’intera umanità, indipendentemente dal gruppo di appartenenza e dagli ostacoli di ordine economico e sociale.

Redazione GD

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La Redazione è lo spazio di approfondimento e confronto pubblico dei Giovani Democratici di Milano Metropolitana!

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