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di Umberto Caragnano

Alle 22:30, dopo sedici ore complessive di negoziazioni è stato dato il via libera dell’Eurogruppo alle nuove misure europee per fronteggiare la crisi sanitaria ed economica del Coronavirus. Le misure si possono racchiudere in quattro direttrici:
  1. Il piano SURE, linea di credito di 100 miliardi per proteggere i lavoratori in cassa integrazione e disoccupati europei;
  2. Rafforzamento delle attività della BEI con nuove garanzie per prestiti alle imprese fino a 200 miliardi;
  3. Revisione regolamentare delle linee di credito del MES (su cui l’Italia ha versato 14 mld ndr) che ora possono essere usate senza condizionalità per le spese sanitarie dirette e indirette fino ad un massimo del 2% del PIL (oltre 30 miliardi);
  4. Recovery Fund, un fondo le cui modalità di finanziamento e dotazioni sono ancora da decidere e che servirà per il rilancio dell’economia europea a partire dalle nazioni più colpite.
 
Nel complesso, risorse senza precedenti messe in campo dall’Unione Europea, ma frutto di compromessi al ribasso per l’Italia. Va dato atto che le risorse per affrontare la crisi, qualsiasi fonte di finanziamento utilizzata, sono pur sempre debito che deve essere ripagato a scadenza o rifinanziato.
L’Unione Europea non è un’unione fiscale e pertanto non ci possono essere trasferimenti diretti rilevanti tra Stati, come ad esempio avviene in Italia tra le regioni italiane per mezzo del sistema di imposizione fiscale. Immaginate le reazioni di Salvini e Meloni se l’Italia da domani perdesse sovranità fiscale. In assenza di meccanismi di solidarietà europei, l’UE pertanto fornisce un’opzione aggiuntiva di finanziamento (attenzione alle parole: opzione e non obbligo) delle spese messe in campo dal governo nazionale tramite le linee di credito che può fornire tramite i suoi fondi e veicoli societari per ridurre i costi presenti e futuri per la collettività. Inoltre l’utilizzo di tali linee di credito non è più soggetto a condizionalità, pertanto un uso ponderato di tali linee già attive e disponibili potrebbe ottimizzare la composizione del funding di debito pubblico. Allo stesso tempo deve essere chiarito il seguente passaggio che può implicare vincoli di spesa in futuro secondo cui:
 
afterwards euro area member would remain committed to strengthen economic and financial fundamentals, consistent with EU economic and fiscal coordination and surveillance frameworks
 
Se l’Italia emettesse 100 miliardi nei prossimi mesi i costi di finanziamento sarebbero ingenti, nonostante la Banca Centrale Europea che compra sul mercato secondario enormi quantità di debito pubblico (prima dell’inizio del PEPP la Banca d’Italia deteneva oltre il 20% del debito pubblico italiano e tale rapporto è destinato ad aumentare).
L’unica novità rilevante per il nostro Paese potrebbe essere il Recovery Fund, ancora da definire e su cui bisogna velocizzare l’implementazione e spingere per rafforzare i meccanismi di solidarietà tra Stati, perché questa crisi è senza dubbio simmetrica tra tutti gli Stati membri, ma gli effetti economici e sociali saranno asimmetrici tra gli Stati membri, con Paesi come il nostro che saranno colpiti in maggior misura rispetto ad altri.
Redazione GD

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