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Albert Einstein diceva “È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio” 

Cos’è la salute mentale?

Ovviamente esistono diverse definizioni -più o meno esplicative- ma in breve, per salute mentale si intende ciò che comprende sanità e benessere legati allo stato psicologico ed emotivo.

“Molto spesso deprimersi e stare male sono una scelta? Sì, se sei di sinistra”

Affrontiamo la realtà, spesso sentiamo frasi come “spesso deprimersi e stare male sono una scelta”, eppure non ci sogneremmo mai di dire “se soffri di ipertiroidismo molto spesso è una tua scelta”.

Sostenere tesi antiscientifiche che vedono depressione e ipertiroidismo come scelte, vuol dire contrapporsi a ogni manuale di diagnosi, psicodiagnosi e ricerca nato e confermato allo stato attuale dal 1879.

Per comprendere meglio il tema bisogna sapere cosa siano i manuali  l’ICD e DSM:

L’ICD (International Classification of Diseases) è il Manuale che usano sia medicə che psicologə, mentre il  DSM  è il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali usato da psicologə e psichiatrə.

Quindi, bisogna prendere atto di due cose:

La prima è che se ti contrapponi a quello che dicono i manuali sopra citati probabilmente preferisci l’incertezza, la paura e le fake news.

La seconda è che la depressione è una patologia psichiatrica riconosciuta e va validata, perché anche se fa paura esiste. 

Sappiamo che fa paura pensare che la serotonina di cioccolato fondente e abbracci non possa bastare: e fa altrettanta paura ammettere che la malattia depressiva non interessa solamente la sfera emotiva e l’umore, ma interessa anche il corpo e che può manifestare anche sintomi fisici.

La salute mentale è salute?  Sì ma bisognerebbe andare oltre lo slogan

Quindi, anche se può sembrare banale ed ovvio, deprimersi e star male non sono scelte.

Bisogna dirlo chiaramente, perché spesso è per colpa di chi invalida problematiche psicologiche e sociologiche che le persone più fragili scelgono la terapia: negare di avere comportamenti disfunzionali danneggia tuttə – danneggia la società.

La verità è che in Italia le malattie mentali spaventano ancora, ma perché invalidare, anche indirettamente, la terapia? 

Ormai è lapalissiano, nella società italiana il sottotesto, non a caso fraintendibile, di andare in terapia è che va bene se ci vanno gli altri, perché ci dovrebbe andare chi ne ha “veramente bisogno”.

La società italiana deve scendere a patti col fatto che legittimare lo sfogo dei propri problemi suglə altrə, incolpandolə e non assumendosi le proprie responsabilità, equivale a rifiutare di affrontare i propri problemi.

Sappiamo che qualcunə potrebbe domandarsi se in Italia sarà possibile parlare di salute mentale in maniera differente da quella attuale e se sarà possibile uscire da questo ciclo di discriminazione e abuso psicologico che subisce chi è più fragile:

Noi crediamo che qualcosa stia cambiando, proprio perché c’è una generazione -la nostra- che vuole andare oltre tutto questo.

La GenZ canta: “Litigare con i boomer perché se hai l’ansia è un capriccio”

Dati e studi rivelano che dopo due anni di pandemia un adolescente su sette soffre di un disturbo mentale.

La pandemia ha influito e influirà nei prossimi anni sulla salute mentale dəi giovani, che negli anni difficili che speriamo esserci messi alle spalle hanno sofferto la solitudine, l’isolamento e la pressione dei lockdown.

Il picco nelle diagnosi di disturbi di ansia e depressione, e non solo tra i più giovani, ha trasformato il periodo della pandemia in una sorta di cartina tornasole di fragilità e disturbi che prima venivano ignorati e soffocati, complici la discriminazione e l’invalidazione diffusa.

Se già nel 2004 una persona su cinque aveva soddisfatto i criteri diagnostici per almeno un disturbo mentale nel corso della vita (studio di European Study on the Epidemiology of Mental Disorders), nella primavera del 2020 si stimavano sintomi depressivi in circa il 50% delle persone sopra i 16 anni (studio PRESTOinsieme). 

Sorge spontaneo domandarsi se chi fa politica, classe dirigente presente e futura, sarà capace di intercettare e alleviare il disagio giovanile?

Un piccolo passo avanti

A febbraio, grazie al Partito Democratico, e in particolare all’impegno di Filippo Sensi, il Parlamento ha varato un bonus psicologico fino a 600 euro che può essere richiesto da chi ha un Isee fino a 50mila euro.

Il decreto prevede l’assegnazione di un bonus una tantum di 50 euro a seduta, che varia in base alla fascia Isee di appartenenza.

Purtroppo, come abbiamo già denunciato più volte, i 10 milioni di euro stanziati si sono rivelati ampiamente insufficienti: a fronte di un massimo di 16mila potenziali beneficiari, le richieste nei primi due giorni sono state più di 130mila.

Dati alla mano, è impensabile che l’Italia possa sanare qualcosa con un bonus che copre meno dell’1% della popolazione per un massimo di quattro sedute.

I comuni, dal basso verso l’alto 

In assenza di interventi strutturati sia a livello nazionale che regionale, come Giovani Democratici non potevamo stare fermi: i nostri amministratori e amministratrici di Generazione Milano, insieme a tutte le amministrazioni di centrosinistra dei municipi, si sono messi al lavoro e in pochi mesi hanno contribuito all’approvazione di un servizio di psicologia di quartiere in Municipio 2; e stanno tuttora lavorando all’espansione di quelli in Municipio 8 e 1, al finanziamento del bonus psicologo in Municipio 9 e alla creazione dello sportello psicologico in Municipio 4.

Il nostro consigliere comunale Federico Bottelli ha, inoltre, lavorato intensamente con l’assessore al welfare Lamberto Bertolè all’attivazione di servizi come AccogliMi, per il sostegno psicologico agli adolescenti.

Sarà però fondamentale continuare a fare pressione sul Governo e Regione Lombardia: strumenti come il bonus psicologico e lo psicologo di quartiere sono un buon segnale, ma non bastano. 

L’unico modo per produrre un cambiamento strutturale è istituire a livello nazionale lo psicologo di base: che contrariamente a quanto succede in Italia, già in molti altri paesi, come Germania e Inghilterra esiste.

Infatti, in altri stati europei ed extraeuropei la salute mentale viene inquadrata all’interno del sistema sanitario nazionale al pari della salute fisica, affiancando ai medici di base una rete di psicologi, psicoterapeuti e psichiatri convenzionati.

In questo modo, quando un paziente manifesta dei sintomi o avanza una richiesta al proprio medico di base, può essere prontamente reindirizzato a seconda della sua necessità, senza dover incorrere nei costi proibitivi su cui si aggirano i servizi di salute mentale in Italia–dove il prezzo per una seduta dallo psicologo si aggira mediamente sui 70 euro. 

Per chiunque si senta in difficoltà o in situazione di malessere 

Non siete sbaglitə voi, la vera scelta è voler trovare la forza per elaborare il malessere e chiedere aiuto se non ce la si fa da solə.

Chiedete aiuto, sempre, affidatevi ad espertə.

 

Redazione GD

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La Redazione è lo spazio di approfondimento e confronto pubblico dei Giovani Democratici di Milano Metropolitana!

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