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P-r-i-d-e, 54 anni dopo la rivolta dello Stonewall Inn a giugno si celebra il mese dell’orgoglio Lgbtqia+. Orgogliosə e incazzatə è una serie di quattro articoli che ci accompagnerà per tutto il mese di giugno raccontando storie, narrando battaglie e indicando una realtà che, al netto di un indubitabile miglioramento progressivo, rimane aperta e da conquistarsi.


di Francesco Sozzi Mantaut

 

Alcuni potrebbero obiettare che questo articolo non ha senso, perché parlare di una normale famiglia come le altre non dovrebbe occupare nessun tipo di spazio particolare.  In realtà il problema è che, ora come ora, in Italia parlare di una famiglia come la mia suscita scalpore, fa occupare pagine di giornale e di siti. Vi dirò che, semplicemente, la mia è una normale famiglia formata da due madri (Elena ed Elena) e due figli (il sottoscritto e suo fratello gemello, Luca). Ci vuole poco a capire di quello che vorrò parlarvi, sebbene io non lo abbia mai fatto con nessuno in questo modo: quando conosco qualcuno non faccio premesse particolari, non cerco di capire che persona ho davanti: se si parla di genitori io semplicemente parlo delle mie mamme, le Elene

Io e mio fratello siamo nati nell’ormai lontano 2003 da una delle due Elene, nostra madre biologica, attraverso una tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA, che è stata resa illegale per tutte le coppie e persone single, ad eccezione delle coppie etero, nel 2004). Sin dalla nostra nascita, e anche prima visto che i miei stavano insieme già da una bella decina abbondante di anni, accanto alla nostra madre biologica c’è sempre stata l’altra Elena, la nostra seconda mamma. E da allora non è mai andata da nessuna parte: da vent’anni continua ad essere qui con noi. 

 

Osservando i dibattiti televisivi è capitato abbastanza spesso di sentire discorsi del tipo «eh ma i bambini con due genitori dello stesso sesso crescono confusi» o «rischiano di avere problemi di bullismo a scuola, di non riuscire a farsi degli amici». Mi piacerebbe parlarvi in particolare di questi due aspetti, della scuola e del rapporto personale che ho avuto con il fatto di avere due madri e di non avere un padre. Per quanto riguarda la scuola, forse in modo un po’ azzardato, le mamme hanno pensato di mandarci in una scuola cattolica: dico in modo azzardato semplicemente perché il mio rapporto con la religione non ha sicuramente ottenuto una grande spinta da questa esperienza. Ma per tornare sull’argomento, no non ho (e abbiamo) subito bullismo o momenti difficili perché figli di una coppia gay: sin da piccoli abbiamo avuto modo di fare amicizia in modo libero e franco con i nostri coetanei e non c’è mai stato alcun tipo di fraintendimento al riguardo. Non so se avete presente quei primi giorni di scuola dove ci si presenta sempre davanti ai nuovi compagni di classe e ognuno racconta qualcosa di personale, ecco in prima elementare mio fratello (a proposito di franchezza) quando si presentò, oltre a nome e cognome, mise subito le cose in chiaro dicendo di avere due madri: Elena ed Elena. Sapete la cosa divertente (o che quantomeno fa riflettere)? Davanti a questa affermazione nessuno dei compagni di mio fratello si è scandalizzato (anzi sono stati proprio i suoi amici ed i miei a coniare il termine “Elene” per riferirsi ai nostri genitori) né lo hanno escluso o maltrattato; al contrario la maestra rimase colpita e disse che non era possibile che avesse due madri, venendo immediatamente contraddetta da mio fratello che insisteva sulla sua versione. 

Il primo punto di riflessione che vorrei proporvi è proprio questo: com’è possibile che i famosi bambini (di cui una certa parte politica pare preoccuparsi così tanto, da innalzarli quasi a vessillo di battaglia) non abbiano reagito in nessun modo strano, se non quello di fare amicizia e conoscere mio fratello (e me nella mia classe) dalla prima elementare fino alla fine delle medie? Chiaramente, né io  né Luca abbiamo fatto amicizia con tutti, ma perché ognuno aveva i suoi amichetti (però comunque alle feste di compleanno venivano sempre tutti ed eravamo sempre invitati da tutti) e rapporti più stretti che con altri. E invece quella a sconvolgersi è stata proprio la maestra che, forse, sarebbe dovuta essere la prima a interessarsi, lasciare condividere quella realtà che di offensivo non aveva nulla. 

Per quanto riguarda l’aspetto paterno, come detto molti si preoccupano e si chiedono se effettivamente ai figli di coppie omogenitroiali (in questo caso formate da due donne) mancherà mai una figura paterna (e viceversa se mancherà mai quella materna in una coppia di due padri). Io sono convinto di una cosa: per fare il genitore servono numerose cose: pazienza, amore, capacità di sapersi porre in contatto con le persone (specialmente una persona che cresce nel corso della vita e quindi si struttura e muta) e saper ascoltare. In tutto questo, il sesso dei/del genitori/genitore è inutile. Ho conosciuto un sacco di persone che per un motivo o per l’altro non avevano una famiglia “canonica” e quindi si trovavano con gli zii, i nonni, i cugini o fratelli/sorelle più grandi a fare da genitori perché i genitori “tradizionali” per un motivo o per l’altro non c’erano. E per loro nessuno si è mai stracciato le vesti, nonostante si trovassero spesso in situazioni di forte disagio. 

Un padre, nel mio caso, sarebbe superfluo e ininfluente: non ho paura a dirlo, ma sento di non averne bisogno, so che sarebbe qualcosa di assolutamente estraneo e non lo vorrei. Avere due mamme è normale e se c’è chi si aspetta che io sappia cucire e cucinare alla perfezione e non sappia pescare, per dire delle cose tradizionalmente affidate ai ruoli di mamma e papà, si stupirà: non so cucire, cucinare me la cavo esclusivamente per quel che riguarda il sopravvivere e pescare, per quanto mia madre abbia insegnato a me e a tutti i miei cugini perfettamente (spoiler: loro sanno pescare molto bene), non riesco perché mi annoio.

Il discorso è molto semplice: la mia vita è completa così com’è, non sento vuoti o mancanze, anzi credo di aver avuto una fortuna e forse qualcosa in più, con tutta la quantità (enorme) di amore che ho ricevuto dalla mia famiglia. Un pizzico di sfortuna l’abbiamo avuto anche noi: nel 2020 avevamo programmato l’unione civile delle mamme, avevamo organizzato un sacco di cose e tutto era perfetto, o almeno sembrava. Esattamente un mese prima della celebrazione siamo finiti in lockdown nazionale e il resto è storia, perché ognuno di noi sa perfettamente come è andata. Risultato: le mamme si sono unite civilmente a giugno in una saletta del comune con presenti, oltre a loro due e i testimoni, me e mio fratello. Ma eravamo felici e così ci andava bene. 

L’anno dopo, nel 2021, finalmente siamo riusciti anche a completare il procedimento di adozione. Ci sono tutta una serie di premesse da fare a questo discorso perché noi non abbiamo scelto né il riconoscimento né l’adozione per casi speciali: quando abbiamo iniziato a muoverci e ad acquisire informazioni circa i vari procedimenti possibili era il 2019, avevo sedici anni, e al governo c’era la Lega con Matteo Salvini come ministro dell’Interno. Avevamo considerato in modo praticamente decisivo di intraprendere la strada del riconoscimento (quello che adesso è stato bloccato dal Governo Meloni con tutto lo stop alle trascrizioni), che però alla fine non abbiamo intrapreso: il riconoscimento era (ed è), nella situazione italiana, la strada migliore per quanto riguarda una famiglia omogenitoriale perché permette la trascrizione sugli atti di nascita, il riconoscimento di tutti i diritti e doveri famigliari previsti per le famiglie tradizionali e l’aggiunta del secondo cognome (quello del genitore adottivo). Peccato che non abbia garanzie, nel senso che non solo può essere bloccato (cosa che ora è successa) ma anche contestato per quanto riguarda i riconoscimenti avvenuti (e ciò si sta verificando: basti pensare a quella coppia che aveva ottenuto il riconoscimento e che da un giorno all’altro si è vista disconosciuta, tornando ad essere nulla, per lo Stato, nei confronti del minore). Tutto questo avviene perché manca una normativa ad hoc, che, come negli altri Paesi civilizzati del mondo, si occupi di questa situazione. Pertanto decidemmo di non proseguire su questa strada: volevamo essere sicuri e certi dell’adozione. 

L’adozione per casi speciali l’abbiamo esclusa perché è un procedimento lungo, complesso, molto dispendioso e che non garantisce, nella stragrande maggioranza dei casi, il successo del percorso intrapreso. Questa adozione non è la soluzione ai problemi di noi figli di coppie omogenitoriali: non c’entra niente con la nostra situazione e le coppie che la intraprendono semplicemente la utilizzano come escamotage per cercare di ottenere quello che il nostro Stato, in modo vergognoso, non ha ancora riconosciuto. Pertanto noi abbiamo deciso di attendere altri due anni (dopo averne attesi già sedici) e percorrere la strada dell’adozione di maggiorenne. E no, la nostra è stata una decisione compromissoria e non la soluzione, ci tengo a specificarlo. Questa adozione esiste semplicemente per garantire la trasmissibilità dei patrimoni ereditari, per nient’altro. Tant’è che l’unica cosa che si ottiene, nella pratica, è il secondo cognome. Nessun riconoscimento di diritti e doveri genitoriali, nessuna trascrizione in nessun atto. 

Abbiamo sacrificato (perché si così è) tutto questo solo alla sicurezza della nostra realtà e al porre fine, dopo 18 anni, ad una situazione di instabilità. Non è stato facile ma era necessario. Tutto qui. E il 2 Novembre 2021, finalmente, abbiamo ottenuto l’adozione presso il Tribunale di Milano. Così, finalmente, se mia madre dovesse stare male potrà essere assistita in ospedale non solo dall’altra madre (sua moglie) ma anche da me e mio fratello (più tutta un’altra serie di cose). Nonostante questo, non potrò avere quello che tanti altri bambini hanno avuto da piccoli: far firmare le cose della scuola a tutti e due i genitori, farsi venire a prendere da un genitore piuttosto che un altro, rifare la carta d’identità con tutte e due le mamme segnate come genitori e non solo una. Nessuno potrà darmi questo, perché ormai sono grande e perché se tornassi indietro continuerei a rimanere ancora senza diritti. 

Ma è un dovere fare in modo che per i bambini di oggi e di domani questi diritti esistano e siano affermati. 


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