fbpx

di Niccolò Orlando

A Milano, oltre al consiglio comunale, abbiamo nove consigli di municipio, uno per ogni zona. All’interno di essi, invece del sindaco, abbiamo il presidente di municipio; invece di dodici assessori, ce ne sono tre; e invece di quarantotto consiglieri, ce ne sono trenta.

I consigli di municipio esprimono principalmente pareri su questioni discusse in comune e, ogni tanto, vengono presentate delle mozioni, soprattutto dalle opposizioni. È quello che è successo giovedì scorso, al consiglio del Municipio 6, da parte di FdI. La mozione presentata richiedeva di rendere totalmente gratuiti gli asili comunali con l’obiettivo dichiarato di incentivare la natalità.

Tralasciando il fatto che questa proposta è stata richiesta dallo stesso partito che un paio di settimane fa ha raddoppiato l’IVA, dal 5 al 10%, sulla preparazione per gli alimenti dei bambini, sul latte in polvere e sui pannolini, il tema centrale non è la gratuità. Gli asili comunali, come tutto, devono essere progressivi e tarati sul reddito perché, anche se dal punto di vista ideologico si può essere d’accordo sulla gratuità, nel pratico è necessario affrontare almeno tre livelli di discorso differenti:

  1. Senza una taratura basata sul reddito, le famiglie più abbienti potrebbero beneficiare in modo sproporzionato rispetto a quelle con minori risorse, accentuando le disuguaglianze economiche.
  2. Il finanziamento universale degli asili può comportare costi significativi per il governo, che potrebbero essere sostenuti attraverso aumenti delle tasse o tagli ad altri settori.
  3. Senza una tassazione basata sul reddito, risorse importanti potrebbero essere indirizzate verso famiglie che non ne hanno effettivamente bisogno, a scapito di servizi più mirati.

Evitare disparità economiche e garantire un accesso equo ai servizi sono obiettivi che lo Stato dovrebbe perseguire.

La proposta ha suscitato ulteriore dibattito sul passagio del “precisato che”, in cui si afferma “uno dei compiti della donna è quello di mettere al mondo dei figli”. Un pensiero misogino. Avere figli è una scelta, non un obbligo. Ognuno è libero di decidere se questa scelta fa parte o meno del suo progetto di vita. Secondo i dati del rapporto Istat “Famiglie, soggetti sociali e ciclo di vita”, il 45,4% delle donne di età compresa tra 18 e 49 anni è senza figli; di queste, il 22,2% dichiara che non intende averne nei 3 anni successivi né in futuro e il 17,4% si dice childfree, ovvero afferma di non volere figli perché la maternità non rientra nei propri progetti di vita. Vogliamo davvero affermare che queste persone non stanno rispettando uno dei loro compiti assegnati alla nascita? O più semplicemente stanno vivendo una vita differente con altri obiettivi?

Redazione GD

Redazione GD

La Redazione è lo spazio di approfondimento e confronto pubblico dei Giovani Democratici di Milano Metropolitana!

Leave a Reply

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.