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di Michelangelo Colombo

La conquista

Il territorio oggigiorno diviso tra Israele e Palestina è stato conquistato dall’Impero Ottomano nella prima metà del XVI secolo. A seguito della vittoria delle forze ottomane del sultano Selim I Il Risoluto nella Battaglia di Marj Dadiq il 24 agosto 1516, a poca distanza da Aleppo, sulle forze dell’impero egiziano mamelucco,  la Siria e la Palestina vennero occupate, aprendo la strada verso l’Egitto, che venne annesso all’Impero l’anno successivo. Lo scontro militare è stato decisivo nella storia del Medio Oriente, perché ha segnato la fine dell’impero mamelucco e l’inizio del dominio ottomano in quelle terre. Il sultano Selim I costrinse il califfo egiziano sconfitto a cedergli il titolo di Califfo dell’Islam, diventando quindi il primo della dinastia ottomana ad assumerlo. Selim non ebbe modo di occuparsi dell’organizzazione dei nuovi territori perché si ammalò e morì nel settembre del 1520 mentre preparava una nuova spedizione militare in Europa contro il Regno d’Ungheria. Il compito passò quindi al figlio Solimano I Il Magnifico, salito al trono a 26 anni, che divenne uno dei sovrani più importanti d’Europa e dell’Asia nel XVI secolo. 

Gli ottomani decisero di mantenere l’organizzazione amministrativa e politica che i Mamelucchi lasciarono in Palestina. Il territorio palestinese era unito a quello siriano formato la Grande Siria, che divenne una provicina ottomana (eyalet)  governata dalla città di Damasco. Il territorio in sé palestinese venne diviso in cinque distretti provinciali chiamati senjak (Safad, Nablus, Gerusalemme, Lajjun e Gaza), a loro volta divisi in sottodistretti chiamati nawahi. Solimano decise di governare la nuova provincia in maniera centralizzata, con la Sublime Porta (il governo imperiale), con sede nella capitale Costantinopoli, che svolge un ruolo cruciale nel mantenimento dell’ordine pubblico e della sicurezza interna, nella riscossione delle tasse e nella regolamentazione dell’economia, negli affari religiosi e nell’assistenza sociale. 

La maggior parte della popolazione palestinese, stimata intorno ai 200.000 abitanti nei primi anni del dominio ottomano, viveva in villaggi. Le città più grandi erano Gaza, Safad e Gerusalemme, ciascuna con una popolazione di 5.000/6.000 abitanti. I terreni erano organizzati in un sistema di feudi chiamati timar, che erano proprietà fondiarie distribuite dal sultano a vari ufficiali e funzionari, in particolare all’unità d’élite Sipahi, cavalieri professionisti. Un timar era una fonte di reddito per il suo titolare (timariot), il quale doveva occuparsi di offrire uomini e provviste agli eserciti ottomani. Vi erano anche dei territori destinati a funzioni e a istituzioni religiose, e anche in misura minore, dei terreni di proprietà privata, prevalentemente situati all’interno dei villaggi  e nelle loro immediate vicinanze. Il nome “Palestina” non venne più utilizzato come nome ufficiale di un’unità amministrativa sotto gli ottomani, perché in genere chiamavano le province con il nome delle loro capitali. Ciononostante il vecchio nome rimase nell’uso popolare. 

Tra la decentralizzazione e il controllo ottomano

Entro la fine del XVI secolo il dominio ottomano sulla Grande Siria entrò in crisi per via delle rivolte che scoppiarono, e anche il sistema dei timar, che era stato creato per rispondere alle esigenze imperiali del governo ottomano, perse la sua importanza. In Palestina prese quindi il potere una nuova élite governativa, composta da tre famiglie, che a partire dai distretti provinciali, estese il proprio dominio su gran parte del territorio, mantenendolo fino alla fine del XVII secolo, sviluppando quindi un processo di decentralizzazione, allontanandosi dalla Sublime Porta. Gli ottomani riuscirono comunque a mantenere un saldo controllo sulla città di Gerusalemme mentre l’influenza di Gaza crebbe durante questo periodo venendo considerata la “capitale della Palestina”. 

La Sublime Porta era preoccupata per il crescente consolidamento del potere di questa élite in Palestina e frustrata dalla sostanziale diminuzione delle entrate derivanti dalla carovana annuale dell’Hajj a causa delle politiche di un governatore di una delle tre famiglie. Nel 1657 il sultano Maometto IV Il Cacciatore decise di lanciare una spedizione militare in Palestina per riaffermare il controllo imperiale su quella regione a causa della sua importanza strategica nel finanziamento e nella protezione della carovana, e per il collegamento cruciale con l’Egitto, che si concluse nel 1663. 

I governatori locali vennero sostituiti da quelli nominati dal governo ottomano. I nuovi governatori imperiali si occuparono soprattutto di rispondere alle esigenze di Costantinopoli e, in gran parte, ignoravano il crescente sfruttamento della popolazione  locale da parte dei giannizzeri e dei proprietari terreni. Molti contadini abbandonarono i loro villaggi per evitare di essere sfruttati e anche  le loro terre vennero sequestrate. Gli ulama (la classe accademica mussulmana) si lamentava del disprezzo dei giannizzeri per la giustizia e la santità dei luoghi di culto musulmani, compreso il Monte del Tempio. Quando ne ebbe abbastanza di questa situazione, il popolo di Gerusalemme insorse nel 1703 saccheggiando la casa del governatore imperiale. Si governò in modo autonomo finché un assedio ottomano riuscì a riprendere il controllo di Gerusalemme nell’ottobre 1705. Da questo momento continuarono una serie di rivolte da parte della popolazione locale, che cercava costantemente maggior autonomia rispetto alle decisioni del governo di Costantinopoli. 

Mehmed IV, Sultano ottomano dal 1648 al 1687

La svolta nell’età contemporanea 

Nell’ottobre 1831 Muhammed Ali d’Egitto inviò il suo esercito modernizzato, comandato da suo figlio Ibrahim Pasha, in una campagna per annettere la Grande Siria, compresa la Palestina. Le forze di Ibrahim Pasha avevano precedentemente sconfitto gli Ottomani e ottenuto il controllo del Sudan e della penisola arabica occidentale. Al loro ingresso in Palestina non incontrarono resistenza da parte della popolazione locale. Soltanto la città di San Giovanni d’Acri resistette, che venne assediata e si arrese nel maggio 1832. 

Il dominio egiziano portò importanti riforme politiche e amministrative in Palestina e in Siria, rappresentando un cambiamento rispetto al governo che esistenza nella regione prima della conquista di Muhammad Ali. Tra le misure significative stabilite da Ibrahim Pasha per portare la Siria sotto un’unica amministrazione ci fu l’introduzione dei consigli consultivi il cui scopo era quello di standardizzare le diverse configurazioni politiche della Siria e della Palestina. I consigli, con sede nelle principali città, erano composti da leader religiosi, ricchi mercanti e leader urbani, e funzionavano come centri amministrativi. Ibrahim Pasha abolì le milizie private e istituì la coscrizione militare obbligatoria, una politica portata avanti da Muhammad Ali in Egitto per stabilire un governo centralizzato e un esercito moderno. 

La coscrizione e il disarmo furono molto impopolari tra i contadini, che si rifiutarono di eseguire gli ordini egiziani. Le nuove politiche fiscali minacciavano gli interessi dell’élite locale mentre le efficaci misure di applicazione della legge dell’Egitto il sostentamento delle tribù beduine che ricavavano il loro reddito dall’estorsione a mercanti e viaggiatori. La vasta gamma di gruppi sociali ostili alle riforme egiziane in tutta la Palestina si unirono in una coalizione contro il nemico comune. Questa coalizione lanciò quella che divenne nota come la rivolta dei contadini nel 1834. La rivolta rappresentò una grave minaccia al flusso di armi e coscritti tra Egitto e Siria e anche al progetto di Muhammad Ali di modernizzazione dei nuovi territori conquistati. Tuttavia Muhammad Ali arrivò in Palestina, aprì negoziati con i ribelli e assicurò una tregua a luglio.  In realtà fu uno stratagemma per cogliere di sorpresa i ribelli, riuscendo a schiacciare le loro forze, obbligando 10.000 contadini ad unirsi all’esercito moderno egiziano e assicurandosi il monopolio della violenza in Palestina. 

L’impero ottomano colse questa situazione di instabilità per organizzare una spedizione insieme ai britannici, che inviarono la propria marina a bombardare Beirut per poi far sbarcare un corpo militare anglo-ottomano, riuscendo a provocare anche rivolte locali contro gli occupanti egiziani. Per mettere pressione al nemico, uno squadrone navale britannico occupò il portò di Alessandria, costringendo l’esercito egiziano a ritirarsi in Egitto. Muhammad Ali firmò il trattato di pace nel 1841. La Gran Bretagna restituì la Palestina e la Siria agli ottomani, in cambio di aumentare i diritti extraterritoriali nelle province dell’impero ottomano di cui le varie nazione europee già godevano dai secoli precedenti, espandendo la propria influenza. 

Muhammad Ali Pascia

Dal nuovo dominio ottomano fino alla Prima Guerra mondiale 

Gli ottomani riconobbero la Palestina come una regione che iniziava dalla città di Rafah, a sud-est di Gaza, fino a fiume Litani (ora in Libano), mentre era delimitata da ovest dal mare mentre da est dal fiume Giordano.  Le comunità musulmane, ebraiche e cristiane continuarono a godere di una grande libertà di culto. Per un po’ la Palestina fu in pace, fino all’ascesa del sionismo. 

Il movimento nazionale del popolo ebraico iniziò in Europa nel XIX secolo con l’obiettivo di ricreare uno stato ebraico in Palestina, considerata la patria originaria del popolo ebraico dal movimento. Verso la fine del XIX secolo ebbe inizio l’immigrazione sionista. La Prima Aliyah, la prima ondata moderna di ebrei, che emigrarono in Palestina provenendo principalmente dall’Europa Orientale e dallo Yemen. Questa ondata ebbe inizio nel 1881 e si concluse nel 1903 portando circa 25.000 ebrei in Palestina. Nel 1981 un gruppo di notabili palestinesi di Gerusalemme inviarono una petizione al governo centrale ottomano di Costantinopoli chiedendo la cessazione dell’immigrazione ebraica e la vendita di terreni agli ebrei. La Seconda Aliyah ebbe inizio nel 1904 e si concluse nel 1914, durante la quale arrivarono circa 35.000 ebrei, principalmente dalla Russia e dalla Polonia. 

Durante la prima guerra mondiale gli Ottomani si schierarono con la Triplice Alleanze e i suoi alleati centrali. Di conseguenza le forze della Triplice Intesa si misero d’accordo per la spartizione dei territori dell’Impero Ottomano dopo la vittoria. In base all’accordo segreto Sykes-Picot del 1916, si prevedeva che la maggior parte della Palestina, una volta conquistata dall’Impero Ottomano, sarebbe diventata una zona internazionale sotto il diretto controllo coloniale francese o britannico. Poco dopo Arthur Balfour, ministro degli esteri britannico, pubblicò la Dichiarazione Balfour, che prometteva di creare uno Stato nazionale ebraico in Palestina, contravvenendo al precedente impegno di formare uno Stato arabto unito sostenendo la Grande Rivolta Araba contro l’Impero Ottmano fatte da Henry McMahon, alto commissario britannico in Egitto 1915-1917. 

Le promesse di McMahon erano state viste dai nazionalisti arabi come un impegno al sostegno della piena indipendenza del popolo arabo, un impegno violato dalla successiva spartizione del Medio Oriente ottomano da parte della Società delle Nazioni in mandati assegnati alla Francia e alla Gran Bretagna.La Dichiarazione Balfour venne vista dai sionisti come un impegno per la realizzazione di uno stato nazionale ebraico in Palestina. 

Il corpo di spedizione anglo-egiziano, guidato da Edmund Allenby, conquistò Gerusalemme il 9 dicembre 1917 e occupò l’intera Grande Siria in seguito alla vittoria sulle forze turche in Palestina nella battaglia di Megiddo nel settembre 1918 e alla resa dell’Impero Ottomano il 31 ottobre 1918. 

Dopo la Prima Guerra Mondiale e l’occupazione britannica della regione, venne istituito il mandato della Gran Bretagna sulla Palestina, approvato nel 1922 dalla Società delle Nazioni. Londra ha quindi amministrato la Palestina per conto della SDN dal 1920 al 1948. Si concluse così il dominio ottomano sul Medio Oriente, iniziato agli inizi del XVI secolo, e conclusosi con la nascita sia del nazionalismo arabo sia di quello ebraico, gettando le basi per il futuro conflitto tra i due popoli che dura tutt’oggi.

Redazione GD

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