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Di Francesco Martano

 

“L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro.” Così recita il primo articolo della nostra costituzione. Il lavoro appunto, ciò su cui si dovrebbero basare la nostra società e la nostra economia e che sicuramente è stato fortemente colpito da questi due anni di crisi pandemica.

Per capire meglio ciò di cui parliamo è bene ascoltare la voce di chi conosce realmente questi argomenti, toccandoli con mano, e non semplicemente lasciandosi andare in semplici slogan elettorali.

È così che qualche giorno fa decido di telefonare a Pietro Galeone, che per chi non lo sapesse oltre ad essere l’ex responsabile lavoro della nostra federazione, è un ragazzo di ventotto anni laureato con lode in social studies (e un minor in astrofisica) all’Università di Harvard.

La sua vita è cambiata improvvisamente, durante la seconda ondata covid, nel febbraio 2021: stava nascendo l’esecutivo guidato dall’autorevole figura dell’ ex presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi.

 

Una telefonata di lavoro

Inaspettatamente, pochi giorni dopo l’insediamento del governo, riceve una telefonata dalla segreteria del Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Andrea Orlando, ex vicesegretario del Partito Democratico da poco nominato Ministro, vuole conoscerlo.

La proposta che l’esponente di spicco del PD gli pone è molto chiara: lavorare al suo fianco al ministero, con il compito preciso di occuparsi di politiche di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e disuguaglianze.

Un’offerta e una sfida che, naturalmente e ovviamente, Pietro non può rifiutare.

 

#LoStageNonÈLavoro

Durante la chiaccherata capisco subito la complessità dei temi che lui affronta ogni giorno a Roma e comincio subito a fargli domande per approfondire.

Pietro ripercorre quanto fatto con Serena Gherghi (attuale responsabile lavoro della nostra federazione) Davide De Silvestre, Giacomo Pigni, Paolo Romano e molti altri: la nostra battaglia identitaria “Lo stage non è lavoro”, una petizione che ha avuto un successo talmente forte che è riuscita a diventare proposta di legge in parlamento.

Il dottorando in economia del lavoro mi spiega che esistono due tipi di stage: quelli curriculari e quelli extracurriculari. I primi hanno normativa statale ed erano in quei giorni oggetto di una proposta di legge alla Camera dei deputati; i secondi invece sono gestiti dalle regioni.

Pietro a proposito di ciò; mi racconta dell’ultima legge di bilancio, dove è stato inserito il così detto “Comma 721”, che mira a restringere l’applicazione dei tirocini extracurriculari per ridurne gli abusi.

Da gennaio a giugno di quest’anno infatti il Ministero del lavoro ha lavorato con le regioni per definire la platea di chi può accedere a un tirocinio extracurriculari, limitandoli a disoccupati di lungo periodo, soggetti svantaggiati e neo-laureati/diplomati che hanno terminato un ciclo di studi da meno di dodici mesi. Pietro ci tiene a sottolineare quanto sia importante investire sulle politiche attive e di inserimento per chi è senza lavoro, tenendo a mente che uno Stato deve pensare non solo alla quantità ma anche alla qualità dell’occupazione.

 

Un legame debole: due elementi distinti

Nel corso della nostra discussione, a proposito di politiche attive, arriviamo al famoso Reddito di Cittadinanza.

Pietro racconta che questa legge non si può definire come una politica attiva, e mi spiega il perché: il RdC infatti ha un problema di tipo semantico, mette insieme due ruoli – entrambi fondamentali –che in realtà dovrebbero essere separati, cioè il sostegno al reddito e l’inclusione nel mondo del lavoro.

Infatti il problema dello strumento è proprio questo, mettere insieme due elementi che sono distinti. Questa misura, che durante il periodo della pandemia e dei lockdown ha aiutato moltissime persone in difficoltà ad evitare la povertà più estrema, ma non ha funzionato come politica attiva di inserimento nel mondo del lavoro.

Pietro però mi spiega che il Ministero ha recentemente lavorato a una misura chiamata “GOL” (Garanzia occupabilità lavoratori), un’azione di riforma prevista dal piano di ripresa e resilienza dell’Italia per riqualificare i servizi di politica attiva del lavoro, potenziando con oltre 4 miliardi di euro sia i centri per l’impiego che le misure di formazione e inclusione nel mercato del lavoro.

 

Un milione di alberi e dentiere gratis

Alla fine della nostra chiacchierata, gli chiedo a quali tematiche secondo lui il nostro partito dovrebbe puntare in questa campagna elettorale.

Lui prontamente mi risponde che il tema fondamentale è la lotta alle disuguaglianze.

Per la prima volta nella storia repubblicana, oltre a disuguaglianze di genere o di estrazione sociale, che sono ben più antiche, se ne sta sviluppando una di generazione. Noi giovani per la prima volta abbiamo prospettive economiche e sociali peggiore rispetto a quelle dei nostri genitori. Certamente le misure da mettere in campo per contrastare le disuguaglianze generazionali sono molte, ma non possono non passare per un lavoro dignitoso.

Partendo dalla battaglia degli stage ma spingendoci molto oltre. Bisogna subito lavorare ad una legge che garantisca un salario minimo per i lavoratori. Pietro mi spiega che circa il 50 per cento dei contratti collettivi nazionali è ormai scaduto, ma mi racconta anche che al Ministero al momento della caduta del governo erano al lavoro per incentivare i rinnovi contrattuali e, dove non presenti, indicizzare il livello salariale dei contratti scaduti all’inflazione.

Mi racconta inoltre che in Italia ci sono troppe tipologie di contratti di lavoro precario e che bisognerebbe sfoltirli, o quantomeno adattare gli incentivi pubblici alla tipologia dei contratti per incentivare quelli stabili.

Infine, bisogna essere più ambiziosi su una delle più pervasive disuguaglianze, quella di genere: il Ministero del lavoro ha incrementato i giorni di congedo di paternità, una misura che però è limitata dagli scarsi fondi che la precedente maggioranza non ha voluto stanziare a sufficienza, non permettendo di rendere uguali i giorni di congedo tra padre e madre come invece hanno fatto altri Paesi.

Pietro inoltre afferma che un altro prezioso strumento che riequilibrerebbe il ruolo fra uomo e donna sono le infrastrutture per famiglie e sostegno all’infanzia. La politica dovrebbe lavorare di più affinché siano disponibili per tutte le famiglie asili nido gratuiti, e scuole che possano accogliere i bambini per più ore al giorno rispetto a quanto succede ora.

 

Al lavoro e alla lotta

Salutandolo, mi congratulo con lui per quanto fatto e penso a quanto ancora possiamo fare, assieme, come federazione.

Spesso ci si lamenta che i giovani siano distanti dalla politica, ma tante volte non ci si accorge di quanto essi ne siano immersi.

Redazione GD

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La Redazione è lo spazio di approfondimento e confronto pubblico dei Giovani Democratici di Milano Metropolitana!

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