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[disclaimer: le posizioni espresse in questo articolo sono esposte a titolo puramente personale e non rappresentano in alcuna maniera la posizione ufficiale e maggioritaria dei Giovani Democratici]

di Matteo Bellia

INTRODUZIONE

Navigando in rete è molto comune imbattersi in testi scritti utilizzando il cosiddetto “italiano inclusivo“.

L’obiettivo di questo articolo è comprendere e sintetizzare quali sono i motivi che spingono molte persone a usare questa nuova forma di scrittura. Si analizzeranno quali sono i metodi più usati, i loro punti di forza e di debolezza. Esploreremo poi le nuove regole grammaticali e fonetiche dell’italiano inclusivo. Andremo anche a riportare le argomentazioni di esperti contrari all’uso di tali stratagemmi per riflettere se effettivamente l’italiano inclusivo sia una soluzione al problema dell’inclusività linguistica e la migliore strategia comunicativa della Sinistra.

IL GENERE

Nella maggior parte dei casi quando nasciamo ci viene assegnato un sesso. Se abbiamo un cromosoma X e uno Y siamo maschi; se abbiamo due cromosomi X siamo femmine.

Il sesso biologico non è nient’altro che “Il complesso dei caratteri anatomici, morfologici, fisiologici che determinano e distinguono tra gli individui di una stessa specie i maschi dalle femmine e viceversa” (definizione del vocabolario Treccani).

Con il sesso biologico ci viene però assegnata anche una posizione specifica nella società.

Si definisce quindi genere l’insieme di caratteristiche comportamentali, sociologiche, psicologiche e sociali comuni a una parte omogenea della società.

La posizione geneticamente predeterminata in maniera casuale non è immutabile e non necessariamente coincide con la volontà dell’individuo. Il sesso, quindi, non basta (e non deve bastare) per descrivere il ruolo nella società di ciascuno di noi.

Infatti se in molti casi il genere coincide con il sesso biologico, non è sempre così: ci sono persone che biologicamente sono uomini ma che si riconoscono meglio nel genere femminile e viceversa. Ci sono inoltre persone che non si riconoscono in un genere specifico o preferiscono non specificarlo. Il problema principale nasce quando nell’ esprimersi in italiano bisogna scegliere necessariamente uno dei due generi grammaticali.

A differenza dal latino, l’italiano non ha il neutro. Le parole in italiano sono solo maschili o femminili. Si è costretti quindi a scegliere quale dei due generi usare, in particolare con articoli, pronomi e participi passati. Quando ci si riferisce ad una persona il genere grammaticale usato nella maggior parte dei casi è in accordo al genere percepito dalla persona. Io che sono uomo dirò che sono andato in vacanza, mia sorella, donna, dirà invece che è stata in vacanza.

Il problema non sussiste con persone in cui sesso e genere coincidono, ma neanche con le persone che stanno affrontando una transizione. L’Accademia della Crusca si è già espressa favorevolmente all’uso del genere di arrivo di queste persone: nel caso di transizione da uomo a donna useremo il femminile e il maschile per persone che affrontano la transizione da donna a uomo.

Ma se una persona non si identifica in uno dei due generi? Perché chi parla o scrive deve per forza specificare il proprio genere?

Il problema è concreto e la soluzione proposta da molti è quella dell’italiano inclusivo, ossia l’introduzione di un nuovo genere grammaticale neutro, da usare in caso non si voglia definire univocamente il genere della persona o del gruppo di cui si sta parlando.

 

GENERE NATURALE E GRAMMATICALE

Il ragionamento fila liscio. Effettivamente introdurre il neutro può sembrare una soluzione valida. Occorre però ricordare che genere grammaticale e genere naturale sono due cose molto diverse. Possono coincidere, ma non è detto che lo facciano. “La distinzione del genere si manifesta nella declinazione dei sostantivi, dei pronomi e degli aggettivi, e nell’accordo tra essi” (Treccani). Non riguarda minimamente il ruolo dell’individuo nella società e i suoi comportamenti.

Esistono numerosissimi esempi di parole che hanno un genere grammaticale ma che possono essere usate in riferimento a persone con genere naturale diverso. È il caso di “spia”, di genere grammaticale femminile ma nella maggior parte dei casi le spie erano uomini. Al contrario “soprano” è una parola maschile ma si riferisce mediamente di più alle donne. Ci sono poi parole che si accordano all’articolo in base al genere scelto, per esempio si può dire “il cantante” e “la cantante”.

C’è poi il caso del “lei”, utilizzato per riferirsi a persone in modo formale. Si dice “professore, l’ho incontrata al bar” anche se il professore è uomo.

 

IN SINTESI: SESSO, GENERE NATURALE E GRAMMATICALE…

  • SESSO: Il complesso dei caratteri anatomici, morfologici, fisiologici che determinano e distinguono tra gli individui di una stessa specie i maschi dalle femmine e viceversa


  • GENERE NATURALE: L’insieme di caratteristiche comportamentali, sociologiche, psicologiche e sociali comuni a una parte omogenea della società


  • GENERE GRAMMATICALE: Declinazione dei sostantivi, dei pronomi e degli aggettivi, e nell’accordo tra essi

…NON SEMPRE COINCIDONO!

L’ASTERISCO

La prima soluzione data dagli amanti dell’italiano inclusivo e una delle più utilizzate è quella di sostituire l’ultima lettera della parola con un asterisco (*) allo scopo di rendere il termine neutro. L’asterisco non si può pronunciare e quindi questa soluzione è applicabile esclusivamente a testi scritti che non sono destinati alla lettura ad alta voce. Un limite molto grande al suo utilizzo.

Perché poi si è scelto l’asterisco? Probabilmente per il suo uso in informatica. Infatti nei sistemi operativi DOS e Windows è usato per indicare una stringa qualsiasi di caratteri. Cioè se scriviamo “car*” stiamo scrivendo “caro” e anche “cara”. Purtroppo però oltre a questi due output vanno aggiunti anche “carino”, ” cartella” e tutte le altre possibili parole che iniziano con “car”. A livello logico questa soluzione non ha senso.

L’asterisco inoltre al di fuori dell’informatica ha già degli scopi precisi, come lasciare una nota o evidenziare un elemento in un elenco.

Le criticità dell’uso dell’asterisco hanno convinto anche i più accaniti sostenitori dell’italiano inclusivo a cercare ulteriori soluzioni.

 

LA SCHWA

Per risolvere il problema più importante dell’uso dell’asterisco, ossia che non è una soluzione applicabile alla lingua parlata si è deciso di introdurre una nuova vocale: la schwa().

Il simbolo della “e” capovolta è utilizzato in fonetica per indicare un suono indistinto. È un suono presente in moltissime lingue e dialetti, oltre ad essere la vocale più lontana dalle 5 usate in italiano. Il suo uso, analogamente a quello dell’asterisco, consiste nel sostituire l’ultima vocale con il simbolo “ᵊ” al fine di rendere neutra la parola.

La prima criticità è facilmente comprensibile proprio dalla derivazione del nome “schwa”: dall’ebraico “šĕwā”, niente. Infatti il suono indistinto della pronuncia si è frequentemente perso, nel parlato viene col tempo omesso.

Nei dialetti italiani invece anche nell’espressione scritta si è persa a favore di simboli più facili da scrivere e leggere, come la semplice “e”, oppure semplicemente dell’omissione. Per esempio in napoletano “mammet” è spesso scritta come ” mammeta” oppure “mammete”. Al plurale si è optato per l’utilizzo della schwa lunga(3).

Le pronunce della schwa lunga e della schwa sono pressoché identiche, confermando i problemi espressi precedentemente per la schwa e aggiungendo una letale dose di confusione tra singolare e plurale. Invece dal punto di vista della comunicazione scritta la criticità risulta essere la somiglianza con la cifra “3”.

Altro problema non indifferente è che distinguere tra “a”, “e”, “ᵊ” ed “3” non è facile per i software di riconoscimento vocale e dettatura.

Al maiuscolo invece molti rendono la schwa maiuscola, per analogia con quella minuscola, con una E rovesciata(Ǝ). Anche in questo caso il simbolo ha già una sua funzione: in matematica significa “esiste”. Si può ovviare scrivendo la schwa maiuscola come quella minuscola ma più grande.

IL PLURALE

Una delle argomentazioni più forti di chi sceglie di usare l’italiano inclusivo è che quando ci si riferisce ad un gruppo eterogeneo di persone si usa per convenzione il maschile, anche se la maggioranza del gruppo ha un genere diverso. Si è cercata in passato la soluzione esplicitando entrambi i generi, per esempio si scrive “cari colleghi e care colleghe”. Il problema è che in questo caso l’uso del genere grammaticale va a sottolineare anche quello naturale escludendo così chiunque non si riconosca nei due generi. La soluzione più inclusiva è proprio utilizzare solo il maschile!

Il maschile plurale, infatti, si tratta di un genere grammaticale non marcato, se dico “amici” non posso sapere se sto parlando di un gruppo di uomini o di un gruppo misto. Il maschile come genere non marcato non esclude assolutamente le donne e le persone non binarie, al contrario è un genere che comprende tutti.

 

CONCLUSIONI

La comprensione è l’elemento cardine della lingua e per far sì che ciò avvenga è essenziale che chi comunica conosca le regole per comunicare. L’uso di schwa, asterischi o altre possibili soluzioni al problema dell’inclusività linguistica non fanno altro che escludere. Se da un lato rafforza l’appartenenza a una determinata comunità, dall’altro taglia fuori tutti gli altri, in particolare i soggetti più deboli nel comunicare, cioè chi non ha padronanza con la lingua, chi ha difficoltà nella lettura e nella scrittura come i dislessici o chi per disabilità o qualunque altro motivo devono usare software appositi per scrittura a riconoscimento vocale e lettura automatica (voice over).

La soluzione veramente inclusiva è un uso consapevole delle regole grammaticali e della scelta dei termini per non risultare esclusivi verso determinate categorie di persone e allo stesso tempo comprensibili a tutti.

 

BIBLIOGRAFIA
  • Luca Boschetto, Perché l'italiano inclusivo, italianoinclusivo.it, 2020
  • –, Come si scrive in italiano inclusivo, italianoinclusivo.it, 2020
  • –, Come si pronuncia l'italiano inclusivo, italianoinclusivo.it, 2020
  • Paolo D'Achille, Un asterisco sul genere: consulenza linguistica, Accademia della Crusca, 2021
  • Cristiana De Santis, L'emancipazione grammaticale non passa per una e rovesciata, Treccani, 2022
Redazione GD

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