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Spunti e pensieri tratti dai libri “l’ora di lezione”di M. Recalcati e “Diario di scuola” di D. Pennac.

di Ludovico Tozzo
Mi chiamo Ludovico Tozzo, ho sedici anni e sono uno studente di un liceo artistico di Milano. Ho sentito il desiderio di fare un’analisi e di esprimere un mio commento riguardo la situazione scolastica attuale nelle sue diverse realtà. 
Fuori dai corridoi della mia scuola mi accorgo di come la società corra, sia in continuo movimento e sembri non fermarsi mai. La mia città mi sembra ogni giorno diversa, scopro sempre qualcosa di innovativo e sorprendente che mi colpisce. Di fronte a questo cambiamento che vedo scorrere davanti ai miei occhi mi domando se la Scuola è capace di stare al passo con i tempi. Mi accorgo, dalle mie conoscenze e sensazioni, che la scuola sia fuori dal dibattito politico e sociale, che se ne stia parlando sempre meno. Mi viene da pensare quindi che fine abbia fatto.
È morta?
È ancora viva?
Sopravvive?
Serve ancora a qualcosa oppure è destinata a rimanere ferma in un tempo ormai già trascorso? 
 
Una grande responsabilità in questo senso ce l’hanno gli insegnanti: hanno la funzione di aprire lo studente alla cultura, di trasmettergli il desiderio e la curiosità per una conoscenza viva. Ma c’è un aspetto che rischia di condizionare molto questo mestiere: adagiarsi sul già fatto, sul già detto, sul già visto, ridurre la passione per il sapere a pura amministrazione che non riserva più alcuna sorpresa. Mi accorgo, da studente, quanto un atteggiamento del genere sia noioso, soffocante, senza alcun tipo di stimolo. Un insegnamento non si misura dalla somma nozionistica delle informazioni ma dalla sua capacità di rendere la cultura un luogo aperto. Negli ultimi anni la Scuola si è indebolita e afflosciata in tutti i suoi aspetti: gli edifici delle nostre scuole si sgretolano, gli insegnanti vengono umiliati e sono poco considerati. Il volto della scuola non assomiglia per nulla a quello di un tribunale morale che deve vigilare sui destini dei giovani, appare più come un volto assente, impalpabile, senza più contorni, abitato dagli occhi vuoti di un soggetto depresso. Il sapere trasmesso è un sapere senza soggettività, privato di singolarità, centrato ancora sugli schemi tradizionali. Da un po’ di tempo, forse da troppo, la formazione si è ridotta al solo potenziamento del principio di prestazione che deve poter preparare noi giovani studenti alla gara implacabile della vita.
Da quando vado al liceo, ormai da poco più di due anni, mi rendo conto sempre di più di quanto la scuola sia omologata e viva secondo una concezione efficientistica della didattica. La parola perde ogni peso simbolico e viene sopraffatta da una cultura delle immagini. Il rischio è quello di rendere lo schermo del proprio pc o iPad uno specchio vuoto che, anziché aprire mondi, li richiude in un’autoreferenzialità grigia. 
Come facciamo quindi noi giovani a non cadere in fondo a questo abisso e a non farci trascinare giù insieme a tutto il resto? Come facciamo a modificare il cammino della nostra vita? La scuola non serve innanzitutto a questo? Non serve ad accompagnare un soggetto unito ad una passione che può orientare le nostre vite? 
 
Rispondendo a queste domande penso che gli studenti si siano un po’ appassiti di fronte a questo scenario, ma la causa non è loro. Ogni giorno, ogni ora che trascorro all’interno dei corridoi della mia scuola, vedo facce di ragazze e ragazzi che hanno ancora voglia di fare, di mettersi in gioco, di provare a cambiare le cose. Allora è vero che non è ancora tutto perso, che l’entusiasmo e la passione per cambiare non sono del tutto morte. Abbiamo la speranza per tornare a credere in un mondo migliore, in una scuola più adeguata alle nostre esigenza, in cui a prendere le decisioni siamo noi. Abbiamo l’occasione di ripresentarci sulla scena del cambiamento come protagonisti, abbiamo gli strumenti per farlo. Uniamoci alla parola dell’insegnante che è superiore alla nostra e incoraggiamoli ad accompagnarci nella decisione del percorso da intraprendere. Nella scuola abbiamo molte risorse, sfruttiamole, facciamoci aiutare da chi possiede piú conoscenze di noi e creiamo rapporti di cooperazione. Non cadiamo nell’ostentare qualcosa che non sappiamo, mostriamoci umili e vedremo che una mano ci verrà porta. 
 
Manca però un contenitore che riesca a raccogliere tutte queste anime, ma sono convinto che in un modo o nell’altro, se ci mettiamo all’opera tutti insieme sapremo dare una risposta a questa sciatteria che ci circonda. Se è vero che noi siamo più sensibili a questi temi, facciamoci promotori e trasmettiamo nelle scuole la nostra voglia di cambiamento. Sii tu lettore, a questo punto la scintilla che farà scattare la vocazione del desiderio.
Redazione GD

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La Redazione è lo spazio di approfondimento e confronto pubblico dei Giovani Democratici di Milano Metropolitana!

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